L’incrinatura del dente può essere una problematica di difficile gestione, dalla sua diagnosi al trattamento.
Un dente incrinato non è facile da diagnosticare se non si evincono dei sintomi evidenti. Quando l’incrinatura del dente termina all’interno di una parte specifica della radice si può osservare un tipico riassorbimento osseo lungo la linea della frattura. In questi casi è più semplice la diagnosi e dunque anche il trattamento.
Infiammazione del dente incrinato
In presenza dell’incrinatura del dente è probabile che si possa formare anche un’infiammazione acuta del dente a causa dell’infiltrazione batterica che dalle tasche parodontali si muove verso la linea di frattura.
Non solo, l’incrinatura di un dente comporta anche una particolare tipologia di riassorbimento osseo, generalmente localizzato, che può determinare un risultato falsato in un sondaggio parodontale con la conseguenza che la tasca parodontale possa non essere diagnosticata nell’immediato e continuare a crescere.
Incrinatura del dente: origine della frattura
Si ipotizza che le fratture longitudinali possano avere origine da una crepa nella dentina della corona. Questa tipologia di incrinatura può essere conseguente a uno stress masticatorio o dovuto a un particolare indebolimento della dentina dovuta a una riduzione della qualità, della quantità o di entrambe.
L’incrinatura estendendosi può diventare una frattura e muoversi velocemente verso il basso, dunque verso la camera pulpare generando un’infezione o addirittura la necrosi del dente.
In presenza dell’incrinatura del dente qualunque tipo di stress sul dente può determinare il peggioramento della situazione e far progredire la frattura verso la radice.
Individuare l’incrinatura del dente non è semplice, i sintomi sono spesso altalenanti e difficili da riconoscere. La comunità scientifica che promuove l’odontoiatria conservativa sta valutando quali possano essere gli strumenti più adatti per la diagnosi e le terapie utili a mantenere il dente incrinato in arcata senza ricorrere all’estrazione.
Odontoiatria conservativa: preservare il dente incrinato
In uno studio italiano pubblicato sull’International Endodontic Journal di ottobre 2021, gli autori hanno studiato il tasso di sopravvivenza dei denti con incrinature radicolari e restaurati con materiali compositi.
Lo studio ha incluso 87 pazienti con incrinatura del dente con età media di 50 anni, 46 uomini e 41 donne. I denti con crepe/incrinature radicolari sono stati trattati con restauri adesivi in composito tra il 1991 e il 2019. Quarantacinque incrinature sono state riscontrate nei denti posteriori superiori (molari e premolari), 40 nei denti posteriori mandibolari e solo due nei denti anteriori, entrambi a livello mascellare.
In base alla profondità dell’incrinatura, i denti sono stati classificati con:
- incrinature radicolari prossimali, in cui la linea di frattura era limitata all’interno del pavimento pulpare o nel terzo coronale della radice;
- incrinature radicolari profonde, in cui la linea di frattura si estendeva al terzo medio e all’apice del canale radicolare.
Degli 87 denti incrinati considerati come campione 52 avevano incrinature radicolari profonde e 35 incrinature radicolari prossimali, mentre 46 mostravano un difetto di sondaggio parodontale.
Oltre il 50% dei denti trattati con il protocollo adesivo è risultato essere funzionale a 5 anni. Dai risultati emersi si può concludere che i restauri in resina composita garantiscono ai denti incrinati una sopravvivenza superiore al 50% anche dopo 5 anni di follow-up.
Ciò accade nell’85,4% dei casi di incrinature lievi e nel 61,5% dei casi per le incrinature profonde.
L’uso di un microscopio operatorio resta essenziale per le procedure diagnostiche e terapeutiche.