Si definisce
stabilità primaria la capacità dell’osso, in cui viene inserito l’
impianto dentale, di garantire l’assenza di mobilità dell’impianto stesso prima che avvenga il processo di osteointegrazione. La
stabilità dell’impianto viene innanzitutto garantita dalle proprietà dell’osso, tra cui spessore e densità ossea, qualità che permettono un perfetto ancoraggio dell’impianto stesso.
Cos’è la stabilità primaria
Con
stabilità primaria si intende la stabilità che un impianto raggiunge subito dopo essere stato posizionato nell’osso.
Durante l’inserimento dell’impianto generalmente il chirurgo misura la forza necessaria per fissarlo all’osso e quel valore indicherà anche il grado di stabilità dell’impianto.
A distanza di 3-4 mesi, quando il processo di osteointegrazione si sarà concluso, l’impianto sarà integrato all’osso e non avrà più senso parlare di stabilità primaria. Con osteointegrazione si intende il processo in integrazione dell’impianto con l’osso; l’osso, infatti, inizia a crescere intorno all’impianto appena inserito fino a quando non lo ingloba al suo interno.
Bassa stabilità primaria: quali conseguenze per l’implantologia?
Grazie alla pianificazione dell’intervento di
implantologia, l’odontoiatra è in grado di valutare in anticipo quale sarà la qualità dell’osso del paziente. Tuttavia, non è detto che in fase di intervento il chirurgo si trovi davanti ad un osso con le caratteristiche previste, in grado di garantire la stabilità necessaria per reggere una corona.
In questi casi la possibilità di scelta tra
diverse tipologie di impianti dentali permette talvolta di aumentare il grado di stabilità oppure di favorire un adeguato processo di osteointegrazione e puntare sulla stabilità secondaria dell’impianto.
Tassi di sopravvivenza degli impianti con scarsa stabilità primaria
In un recente studio pubblicato sul
Clinical Oral Implant Research, i ricercatori hanno analizzato impianti inseriti con una scarsa stabilità primaria e hanno valutato i fattori che potessero portare a un conseguente fallimento implantare.
I pazienti inclusi nel campione di studio sono stati 156 per un totale di 169 impianti inseriti, il tempo di osservazione e monitoraggio ha avuto durata variabile, in un arco di tempo compreso tra un minimo di 34 giorni e un massimo di 9,28 anni.
Nella fase di monitoraggio sono state eseguite delle statistiche descrittive ed è stato analizzato il tasso di
sopravvivenza dell’impianto attraverso le tabelle di vita e stime di Kaplan-Meier. A questo sono state aggiunte le valutazioni effettuate tramite la diagnostica per immagini.
I risultati della ricerca
Dei 169 impianti inseriti con
stabilità primaria bassa in origine, solo su sette pazienti si è registrato un fallimento implantare. Questi dati permettono di affermare che il tasso di sopravvivenza degli impianti, nonostante la scarsa stabilità primaria, è del 94,74%.
I dati emersi dalle stime di Kaplan-Meier hanno inoltre rivelato che i sette casi di
perdita dell’impianto si sono verificati tra gli 82 interventi di chirurgia avanzata su casi clinici complessi, mentre nessun fallimento implantare si è verificato sui casi di chirurgia semplice.
Casi clinici complessi e successo implantare
I risultati di questo studio retrospettivo valorizzano la tesi che anche in presenza di una
bassa stabilità primaria, grazie a innovativi strumenti tecnologici e a impianti dentali tecnicamente avanzati, è possibile sottoporsi a un intervento di implantologia con successo.
In presenza di
casi clinici complessi, affidarsi a una clinica odontoiatrica con competenze specializzate e strumenti adeguati, può fare veramente la differenza e rendere possibili interventi che altrove vengono ritenuti troppo difficili da eseguire.